Con le elezioni rischiano di saltare gli aiuti alle famiglie: il bonus di 200 euro e il taglio dell’Iva nel limbo Leave a comment

Per il governo sicura solo la proroga degli sconti in bolletta da 3 miliardi di euro. Per interventi più corposi Draghi vuole il sì di tutti i partiti

ROMA – Ha già un costo, la crisi di governo. È il costo del decreto Aiuti alle famiglie e alle imprese atteso nei primi giorni di agosto: doveva avere un valore, secondo le ultime stime, tra i 23 e i 25 miliardi ma ora rischia di rimpicciolirsi fino a finanziare misure per poco più di 3 miliardi. Mario Draghi è infatti a Palazzo Chigi solo per la gestione degli affari correnti. La direttiva che definisce i suoi margini di manovra gli dà poteri d’intervento più ampi per contrastare il Covid e l’emergenza economica nata dalla guerra in Ucraina.

Potrà perciò varare quel decreto di Aiuti, pensato per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie, nonostante le Camere siano sciolte. Ma una campagna elettorale già incandescente riduce di molto i suoi spazi di manovra politica. Al punto che di sicuro oggi c’è solo la proroga di misure già adottate, gli sconti sulle bollette e sulla benzina. Il governo farà altro, riproporre ad esempio il bonus da 200 euro anti-inflazione, solo se lo vorranno tutti i partiti. O si esporrebbe all’accusa di prendere decisioni politiche senza avere più una maggioranza, spendere i soldi del futuro esecutivo.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nello sciogliere il Parlamento, ha sottolineato che non sono possibili “pause” negli interventi “indispensabili” davanti all’impennata dell’inflazione “causata soprattutto dal costo dell’energia e dei prodotti alimentari” che pesa su imprese e famiglie, a partire dai più deboli. È un’emergenza che giustifica l’interpretazione molto ampia data ai poteri che avrà in questi mesi il governo Draghi.

Una crisi di fronte alla quale il capo dello Stato ha chiesto a tutti i partiti di continuare a dare “un contributo costruttivo”. Ma i leader in questa fase sono terrorizzati dall’idea di sposare misure che gli avversari si possano intestare o possano a loro togliere consenso. Ecco perché a Palazzo Chigi danno per assodate soltanto le proroghe di misure già votate dalle Camere e si mostrano pessimisti sulla possibilità di poter fare molto altro. Dunque ci si prepara a stanziare circa 3,3 miliardi per rinnovare gli sconti sulle bollette in scadenza il 30 settembre, aggiungendo magari qualcosa in più per rifinanziare i crediti d’imposta sull’energia per le imprese. E poi – ma non sarà nel decreto Aiuti, basta un decreto ministeriale – rifinanziare lo sconto sulle accise benzina in vigore fino al 28 agosto.

Di sicuro nessun taglio del cuneo fiscale e niente salario minimo (Andrea Orlando vuol provarci, ma col centrodestra pronto alle urne pare una chimera). Ma come sottolineato da Mattarella il problema non sono solo le bollette, ma anche il costo dei prodotti alimentari. Ecco perché al ministero dell’Economia reputano ancora in teoria possibili due misure: fare il bis del bonus da 200 euro per i redditi sotto i 35 mila euro o tagliare l’Iva sui beni di prima necessità. Il primo intervento più probabile del secondo: costa 6,8 miliardi, porterebbe il decreto fino a un valore di 10 miliardi. Che ci sia il consenso dei partiti, è però tutto da vedere.

A dare la misura delle difficoltà del momento, sono le riflessioni in corso tra Palazzo Chigi e Tesoro sul passaggio parlamentare necessario a sbloccare le risorse per il decreto di Aiuti. Tra lunedì e martedì Daniele Franco porterà infatti in Consiglio dei ministri la relazione sull’assestamento di bilancio che libera risorse per 8,5 miliardi (salgono a 10 per effetto del buon andamento dei conti).

Entro la settimana il Parlamento sarà convocato per approvarla, con un voto che deve essere a maggioranza assoluta ma che secondo più d’uno ai piani alti del governo sarebbe meglio all’unanimità. Il rischio però, obietta un sottosegretario, è non tanto che si smarchi Giorgia Meloni, quanto che dicano di no piccoli gruppi come ad esempio gli ex M5s di Alternativa. Salterebbe un tesoretto che, se non speso tutto adesso, potrebbe tornare utile a chi verrà dopo per finanziare la manovra e scongiurare l’esercizio provvisorio di bilancio.

A forte rischio causa crisi sono anche i fondi Pnrr. Ecco perché Draghi ha chiesto ai ministri di continuare a lavorare a pieno ritmo: vanno eseguite opere e adottati decine di decreti attuativi entro fine anno per non perdere una parte dei 200 miliardi europei. Sul fronte internazionale, il governo adotterà presto il quarto decreto di armi all’Ucraina (Guerini ne riferirà al Copasir) e il premier seguirà i dossier europei, a partire dalla sua battaglia per un tetto al prezzo del gas.

La direttiva sugli affari correnti gli darebbe anche la possibilità di fare nomine in scadenza, ma cercherà di evitarlo, a meno di casi eccezionali. Per il resto, il governo mette già in conto di lasciare sulla strada cose avviate: è fortissimo il rischio che salti l’installazione entro la primavera del rigassificatore a Piombino. Draghi l’aveva definito cruciale per il contrasto alla crisi del gas, i partiti di destra e sinistra son scesi in piazza contro.

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